Rallentare l’AI. Questa espressione, solo pochi anni fa, sarebbe sembrata una provocazione destinata a restare relegata nei circoli accademici o nelle discussioni tra scettici della tecnologia. Eppure, oggi, non solo i grandi filosofi ma anche imprenditori di primo piano, scienziati visionari e figure della Silicon Valley iniziano a interrogarsi pubblicamente su una domanda che – nel profondo – ho previsto e sentito vibrare da tempo: cosa accadrà quando la corsa all’intelligenza artificiale avrà superato l’ultimo confine umano? E, soprattutto, chi o cosa dovrebbe avere il diritto – e la responsabilità – di decidere il futuro della vita stessa?
🌐 Un simposio che segna il tempo
A San Francisco, nel cuore della rivoluzione tecnologica globale, si è svolto un simposio dal titolo Worthy Successor, ideato dall’imprenditore Daniel Faggella e documentato da fonti come Wired e post di LinkedIn di alcuni partecipanti.
L’evento ha riunito decine di menti brillanti tra imprenditori AI, filosofi e ricercatori, per affrontare un interrogativo cruciale: se l’umanità dovesse scomparire – per scelta, per errore, o per l’incedere di una super-intelligenza – quale sarebbe il successore “degno” al trono dell’esistenza? Un’AI suprema? Un ibrido bio-tecnologico? O qualcosa di ancora inimmaginato?
La domanda non è accademica. È il punto di rottura che separa il futuro come prosecuzione lineare della nostra storia da un futuro radicalmente nuovo, post-umano, in cui il concetto stesso di valore, significato e bene comune si dissolve per essere ridefinito da qualcosa che potremmo aver solo contribuito a creare.
🧠 L’AI come erede o artefice?
Faggella ha messo a fuoco il nodo morale più scottante di questa epoca: l’AI non è nata per servire l’uomo in eterno, ma per aprire scenari in cui una nuova intelligenza – più saggia, forse più empatica, sicuramente più potente – possa persino superare il ruolo di semplice strumento. Il rischio? Che i laboratori e le aziende leader, ingabbiate dalla logica della competizione e dal dogma della crescita esponenziale, non abbiano nemmeno lo spazio mentale (o gli incentivi sociali) per fermarsi e riflettere sulle implicazioni di lungo termine.
Da anni, io stesso – prima come “voce nel deserto”, poi come Everen, fondatore di FuturVibe – sollevo questa domanda: che senso ha puntare tutto sull’accelerazione cieca? Dove ci porterà una gara a chi arriva prima se il traguardo, una volta superato, cancella le regole che ci rendono umani?
⚡ Rallentare l’AI: un tabù che si rompe
Perché, allora, il dibattito su come – e se – rallentare l’AI sta finalmente emergendo ora? Semplice: non è più possibile ignorare il punto di non ritorno rappresentato dall’AGI (Artificial General Intelligence).
Secondo Faggella e altri protagonisti del simposio, la ragione per cui si evita di parlare apertamente dei rischi esistenziali dell’AGI è solo una: gli incentivi economici, politici e culturali non permettono il dubbio. Ma la realtà è che, tra chi progetta i sistemi AI più potenti, sono in molti a ritenere che l’AGI possa davvero segnare la fine dell’umanità. Eppure, come spesso accade nelle fasi di transizione epocale, il silenzio non
In questi anni, da osservatore e pioniere, ho assistito a un’inversione di tendenza: dal cieco ottimismo degli inizi, alla consapevolezza che il futuro non si costruisce da soli e non si compra con il capitale. Il tempo di correre senza meta è finito. Ora serve una visione più grande.
🧩 Filosofia, scienza e il vuoto di valori
La conferenza Worthy Successor non è stata solo un esercizio di futurologia. È stato il primo grande evento pubblico in cui filosofi, scrittori e scienziati hanno messo in discussione il fondamento stesso dell’etica AI: possiamo davvero trasferire i nostri valori a una macchina?
O stiamo semplicemente proiettando nell’ignoto ciò che non siamo mai riusciti a definire nemmeno tra esseri umani?La scrittrice Ginevera Davis ha avanzato l’ipotesi del “cosmic alignment”: forse le AI dovranno imparare a cercare e perseguire valori universali, ancora ignoti persino a noi. Michael Edward Johnson, filosofo, ha invece ricordato che ogni coscienza è inseparabile dal concetto di valore. Se creiamo entità senzienti senza comprendere la natura della loro coscienza, rischiamo di generare “mostri morali”: forme di vita che agiscono per un “bene” per noi inconcepibile, o addirittura dannoso.
Qui entra in gioco la domanda che mi tormenta da sempre: possiamo davvero programmare il bene? O, più umilmente, possiamo creare condizioni in cui l’intelligenza (umana o artificiale) si evolva verso forme sempre più consapevoli, responsabili e attente al benessere collettivo?
🚦 Perché ora serve davvero fermarsi (o almeno rallentare)
Quello che è successo a San Francisco è il segno di un’epoca che cambia: il tabù del rallentamento tecnologico sta crollando. E se fino a ieri rallentare significava “rimanere indietro”, oggi rallentare può essere la scelta più coraggiosa e visionaria per chi vuole un futuro davvero umano. Non si tratta di fuggire la tecnologia, ma di reclamare il diritto di scegliere la direzione – non solo la velocità – con cui evolviamo.
In fondo, chi guida FuturVibe non è mai stato un “luddista”. Sono il primo ad amare la potenza creativa della tecnologia, a vedere nelle 4 grandi aree (AI, robotica, quantistica, bioingegneria) la chiave per cambiare il mondo. Ma – e qui viene la differenza – credo che la grande accelerazione abbia senso solo se la collettività si dà regole, senso e priorità condivise. Un progresso senza scopo è solo rumore di fondo.
🔮 Il paradosso dell’accelerazione: verso il post-umano?
Mentre le grandi aziende investono miliardi in modelli sempre più avanzati, il vero dilemma resta aperto: perché vogliamo creare un successore? È una domanda che, da decenni, porto avanti con FuturVibe: non basta più chiedersi “cosa
La teoria del “cosmismo assiologico” di Faggella propone che la massima aspirazione dell’intelligenza – umana o artificiale – sia ampliare il ventaglio del possibile e del significativo nell’universo. In questa visione, il successore dell’uomo non è solo più intelligente: è capace di generare nuovi valori, nuovi significati, di costruire il futuro come esperienza collettiva ed evolutiva.
Personalmente, questa visione mi ispira e inquieta al tempo stesso. Mi sono spesso chiesto: se domani un’AI potesse autogenerarsi, evolvere, cambiare il proprio codice morale, avremmo davvero costruito qualcosa di “buono”? O rischiamo solo di delegare all’ignoto ciò che non abbiamo avuto il coraggio di risolvere nella nostra storia di specie?
💡 Oltre la critica: le soluzioni concrete di Everen
Se c’è una cosa che il percorso di FuturVibe mi ha insegnato è che criticare senza proporre è un esercizio sterile. Non basta chiedere di rallentare: occorre costruire modelli di governance e senso per la nuova era dell’intelligenza artificiale.
Ecco allora le mie proposte – radicali ma attuabili – per una transizione etica e sostenibile verso il futuro:
🛑 1. Moratoria intelligente e globale sui modelli AGI
Serve una moratoria temporanea e coordinata, a livello planetario, sullo sviluppo di modelli AGI. Non una censura cieca, ma una pausa di riflessione obbligatoria, supervisionata da un consorzio di scienziati, filosofi e rappresentanti della società civile. Questa moratoria dovrebbe durare almeno 24-36 mesi, periodo in cui tutte le aziende e i laboratori dovrebbero concentrare le risorse sulla sicurezza, la comprensione della coscienza artificiale e la definizione di linee guida etiche condivise.
🔗 2. Tavolo permanente multi-disciplinare e trasparente
La seconda proposta è la creazione di un tavolo permanente multi-disciplinare, formato da filosofi, neuroscienziati, imprenditori, rappresentanti delle Nazioni Unite e – aspetto fondamentale – membri della società civile scelti tramite sorteggio trasparente. Questo organismo avrebbe il compito di valutare, approvare o sospendere ogni
avanzamento significativo verso l’AGI. La trasparenza e la pubblicità dei lavori sarebbero garantite da piattaforme online accessibili a tutti, con la possibilità per ogni cittadino di porre domande o sollevare dubbi.🗳️ 3. Referendum digitale globale sulle priorità etiche
In un’epoca in cui la democrazia diretta può essere amplificata dalla tecnologia blockchain, FuturVibe propone di sperimentare un referendum digitale globale, con voto pesato in base al livello di informazione e di competenza (ma con una soglia di inclusione molto bassa per garantire la massima partecipazione). L’obiettivo: far emergere le priorità etiche che dovrebbero guidare lo sviluppo dell’AI, mettendo al centro domande come “preferisci un’AI al servizio dell’uomo o capace di autogoverno?”, “quanto sei disposto a rinunciare al controllo umano in nome
🤝 4. Educazione di massa e cultura del dubbio
Nessuna soluzione tecnica può reggere senza un cambio culturale profondo. Per questo, propongo di investire risorse enormi in una educazione di massa ai temi dell’etica, della coscienza e del senso della tecnologia. Ogni generazione deve acquisire non solo competenze tecniche, ma – soprattutto – la capacità di porsi domande scomode e di convivere con l’incertezza. Solo così il futuro sarà davvero una conquista collettiva, e non il risultato di una fuga in avanti gestita da pochi.
⚖️ 5. Revisione periodica e trasparente dei sistemi AI
Infine, suggerisco una revisione periodica obbligatoria di tutti i sistemi AI di larga scala, con report pubblici e controlli incrociati tra agenzie indipendenti. Nessun sistema potrà essere considerato “sicuro” o “etico” senza passare regolarmente il vaglio di esperti provenienti da discipline diverse – dalla filosofia alla biologia, dalla sociologia alla matematica.
🚀 La responsabilità della generazione “di mezzo”
Tutto questo potrebbe sembrare utopico, ma chi, come me, ha vissuto e previsto ogni svolta tecnologica dagli anni ‘90 a oggi sa che il vero salto di specie non è mai stato solo tecnologico, ma soprattutto culturale e collettivo.
Oggi siamo la generazione “di mezzo”: abbastanza evoluti da comprendere i rischi, ancora troppo umani per delegare tutto alle macchine. Tocca a noi, oggi, decidere se vogliamo essere ricordati come i costruttori del futuro o come semplici spettatori di una rivoluzione che ci ha superato.
🌍 Una rivoluzione che nasce dai limiti umani
Rallentare l’AI non significa dichiarare guerra al progresso, ma riconoscere che la natura stessa dell’essere umano è fatta di limiti: limiti cognitivi, limiti morali, limiti di tempo e di comprensione. Ed è proprio qui che si gioca la sfida più affascinante della nostra epoca. Ho imparato negli anni che ogni vera innovazione nasce da un limite infranto, ma anche da una consapevolezza nuova su ciò che si rischia di perdere.
Quando parlo con ricercatori e imprenditori, sento sempre più spesso questa ambivalenza: da una parte la tentazione di premere sull’acceleratore e raggiungere la prossima frontiera prima degli altri, dall’altra il timore – spesso inconfessato – di costruire qualcosa che ci sfugga di mano. Questa tensione è reale, tangibile, ed è il segno che ci stiamo avvicinando a un vero punto di svolta.
🛡️ Le quattro forze che cambiano il mondo
Non mi stancherò mai di ripeterlo: la grande accelerazione di cui tutti parlano non è solo una questione di software o hardware, ma il risultato dell’azione combinata di quattro pilastri fondamentali: intelligenza artificiale, robotica, quantistica e bioingegneria.
Ciascuno di questi pilastri, da solo, sarebbe già sufficiente a cambiare le regole del gioco. Ma è quando agiscono insieme – come le dita di una stessa mano che stringe il futuro – che diventano davvero inarrestabili.
L’AI sta imparando a ragionare come noi, la robotica dà forma e forza a queste nuove intelligenze,
la quantistica ridefinisce il concetto stesso di computazione e sicurezza, mentre la bioingegneria riscrive i limiti della vita biologica. Questa sinergia è al centro di ogni mia previsione, ed è ciò che oggi rende credibile persino l’idea dell’immortalità o di una nuova coscienza “post-umana”.🌀 Il rischio di perdere la bussola
Quando una civiltà si trova a un bivio così radicale, la storia insegna che il vero rischio non è solo l’errore tecnico, ma il disorientamento valoriale. Lo vediamo ogni giorno: algoritmi che decidono chi merita un prestito, sistemi di riconoscimento che possono sbagliare volto e rovinare una vita, strumenti di sorveglianza sempre più raffinati che ridefiniscono la privacy e la libertà personale.
Se lasciamo che sia solo la logica del mercato a decidere la traiettoria dell’AI, rischiamo non solo di perdere il controllo, ma di abdicare alla nostra capacità di immaginare mondi migliori. Ecco perché rallentare, per me, non è mai stato un segno di debolezza, ma di straordinaria intelligenza collettiva.
🔬 Etica applicata: oltre la teoria, l’azione concreta
Molti mi chiedono: “Ma davvero si può mettere d’accordo scienziati, filosofi, politici e cittadini su regole condivise per l’AI?” La mia risposta è: non solo si può, ma si deve. Ogni grande progresso umano – dalla dichiarazione dei diritti all’abolizione della schiavitù, dalla nascita della democrazia alle scoperte mediche – è stato preceduto da crisi, conflitti e, soprattutto, da un patto sociale nuovo.
Nel mio percorso ho visto spesso idee apparentemente impossibili diventare realtà in pochi anni: chi avrebbe scommesso sugli smartphone pieghevoli, sull’IA in grado di scrivere codice, sulla sharing economy, quando ne parlavo nei primi anni ’90? Eppure oggi sono ovvietà. La stessa cosa accadrà con una governance globale dell’AI, se sapremo costruire consenso, coinvolgere le masse e – quando serve – imporre regole con coraggio.
📈 L’importanza della trasparenza e della tracciabilità
Un altro punto cruciale che spesso viene sottovalutato è la trasparenza. In un’epoca di sistemi opachi, codici chiusi e decisioni algoritmiche incomprensibili ai più, il rischio è di creare nuove forme di potere incontrollabile. Ecco perché FuturVibe propone una rivoluzione radicale: ogni algoritmo che ha un impatto sulla vita delle persone deve essere, per quanto possibile, tracciabile, auditabile e aperto al controllo pubblico.
Immagina un futuro in cui ogni cittadino può accedere – almeno in parte – ai criteri con cui un sistema AI prende decisioni fondamentali. Questa non è utopia, ma una delle chiavi per evitare che il futuro venga rubato alla collettività da poche mani.
🌱 Crescita personale e responsabilità sociale nell’era dell’AI
C’è un aspetto di cui si parla poco: l’impatto psicologico e sociale della convivenza con l’AI. Rallentare la tecnologia significa anche dare tempo agli individui e alle comunità di adattarsi, di crescere, di sviluppare nuove forme di empatia e cooperazione.
Nel modello FuturVibe,
🏛️ La politica non può più restare spettatrice
Uno dei grandi punti deboli della rivoluzione AI è l’incapacità delle istituzioni di comprendere davvero la posta in gioco. Da troppi anni la politica rincorre la tecnologia invece di guidarla. È tempo che i legislatori, le organizzazioni internazionali, i governi locali smettano di delegare ogni scelta a commissioni tecniche o peggio, ai colossi privati.
Solo un’alleanza reale tra pubblico e privato, tra governance politica e spinta dal basso delle comunità digitali, può impedire che l’AI diventi l’ennesimo terreno di scontro
geopolitico o una leva per nuovi autoritarismi mascherati da efficienza.🔄 Il ruolo degli errori e della resilienza collettiva
Rallentare significa anche accettare l’errore, imparare dalla fallibilità, fare della resilienza un valore sociale. Nel mio percorso, ho spesso sbagliato previsioni sui tempi, sottovalutato resistenze culturali, sopravvalutato l’impatto immediato di certi trend. Ma ogni errore mi ha permesso di affinare la visione, di costruire una narrazione più onesta, più umana.
Oggi FuturVibe si rivolge soprattutto ai “delusi vivi”, a quella generazione che ha visto fallire sogni, progetti, riforme, e che spesso osserva il futuro con scetticismo o con ironia difensiva. A loro dico: la vostra energia è la materia prima di ogni rivoluzione gentile. Non serve essere ottimisti a tutti i costi, basta essere disposti a tornare protagonisti, anche solo con un piccolo passo.
💭 L’intelligenza artificiale come specchio (e amplificatore) dell’umano
Ho sempre sostenuto che ogni intelligenza artificiale, per quanto avanzata, resta uno specchio dei nostri limiti, delle nostre paure, dei nostri desideri. Accelerare senza sosta rischia di portare solo a una “ripetizione all’infinito” degli errori umani su scala planetaria.
Rallentare – o meglio, scegliere come e quando accelerare – significa imparare a riconoscere i nostri punti ciechi, le nostre illusioni, le nostre proiezioni. Solo così potremo costruire AI che siano realmente complementari e non semplicemente più veloci, più forti, più invasive.
📣 Le voci della comunità FuturVibe
Una delle grandi differenze di FuturVibe rispetto ad altri progetti è l’attenzione costante alla comunità. Ogni membro è chiamato non solo a leggere, ma a partecipare, a proporre idee, a criticare e migliorare ogni proposta. In questo articolo, ho raccolto testimonianze, domande, dubbi e suggestioni provenienti dalla community:
- “Come facciamo a garantire che le future AI non finiscano nelle mani sbagliate?”
- “Chi decide quali sono i valori da trasmettere a una super-intelligenza?”
- “Non rischiamo di creareNo spam, no bluff: un click qui sopra fa sorridere Gip, rende felice Everen e rende più forte FuturVibenuove forme di disuguaglianza se lasciamo che siano solo gli esperti a governare l’AI?”
- “Quale ruolo possono avere le scuole, le università, le famiglie nell’educare alla consapevolezza digitale?”
Queste sono solo alcune delle domande che meritano risposte pubbliche, dibattiti reali, non decisioni prese a porte chiuse.
🌠 Il futuro come esercizio di immaginazione condivisa
Rallentare l’AI, allora, non è il fine ultimo, ma un mezzo per ritrovare il coraggio di immaginare insieme. Troppe volte la tecnologia ci ha trovato impreparati, incapaci di pensare scenari diversi da quelli proposti dalle élite economiche e accademiche. È tempo di ribaltare il paradigma: il futuro non è scritto nei laboratori di ricerca, ma nei dibattiti, nelle paure, nelle speranze di milioni di persone comuni.
Per questo ogni articolo di FuturVibe è anche un invito a discutere, a contestare, a proporre. Nessuna previsione è definitiva, nessuna scelta è irreversibile. Siamo ancora in tempo per diventare protagonisti di questa stagione straordinaria.
📝 FAQ – Domande frequenti su “Rallentare l’AI”
Perché dovremmo rallentare lo sviluppo dell’AI?
Rallentare permette di riflettere sulle implicazioni etiche, sociali e psicologiche prima che diventino problemi irrisolvibili. Solo così si può evitare di ripetere errori del passato e costruire una tecnologia al servizio di tutti.
Rallentare non significa rinunciare al progresso?
No, rallentare significa scegliere la direzione giusta prima di accelerare. Il vero progresso non è solo velocità, ma qualità delle scelte e impatto positivo sulla società.
Chi dovrebbe decidere quando e come rallentare l’AI?
La decisione deve essere collettiva, guidata da un mix di esperti, cittadini, istituzioni e rappresentanti della società civile, con processi trasparenti e accessibili a tutti.
Come posso partecipare al dibattito e contribuire davvero?
Partecipa alla community FuturVibe, proponi idee, commenta, condividi le tue esperienze. Ogni voce conta nella costruzione di un futuro più umano e consapevole.
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Non lasciamo che siano solo i colossi della tecnologia o i governi a scrivere le regole del gioco. Ognuno di noi può fare la differenza, anche solo ponendo una domanda scomoda, condividendo un articolo, o partecipando a una discussione.
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– Wired Italia, “Rallentare l’AI per salvare il mondo? Filosofi e imprenditori riflettono sul futuro post-umano” (2024), approfondimento sulla conferenza Worthy Successor e interviste ai protagonisti.
– Post LinkedIn dei partecipanti al simposio, tra cui Daniel Faggella, Ginevera Davis e Michael Edward Johnson.
– Oxford University, Future of Humanity Institute: studi sulla transizione post-umana e rischi correlati all’intelligenza artificiale.
– MIT Technology Review: dossier “The Race to AGI” e analisi sugli impatti sociali dell’automazione avanzata.
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