Non ci si accorge quasi mai del momento esatto in cui il mondo cambia per davvero. Io me ne accorgo, invece. E questa volta il futuro non è arrivato in punta di piedi, ma si è riversato sulla nostra realtà con la delicatezza di uno tsunami silenzioso: oggi, sui social, i bot hanno ufficialmente superato noi esseri umani. Sì, hai letto bene. Forse stai leggendo queste righe dopo aver passato un’ora su Instagram, aver discusso di calcio su X (l’ex Twitter) o aver scrollato la home di Facebook. Forse hai appena risposto a un commento che ti è sembrato troppo preciso, troppo polemico, troppo “programmato” per essere umano. E forse non lo era: ormai, mentre siamo lì, attaccati allo schermo, abbiamo il 51% di probabilità che dall’altra parte ci sia un bot e non una persona reale.
C’è una strana vertigine quando si realizza che la maggioranza delle interazioni digitali sono generate da software. E non sto parlando di semplici script che ti avvisano del compleanno di un amico. No, qui si tratta di bot sofisticati, creati da intelligenze artificiali capaci di emulare personalità, linguaggi, emozioni, e perfino indignazione politica. Una rivoluzione che è già storia, ma che nessuno ha visto arrivare. Come quando guidando per strada ti accorgi all’improvviso che tutte le altre auto sono guidate da robot, mentre tu sei rimasto uno dei pochi a stringere ancora il volante.
La notizia non è una suggestione futuristica: il sorpasso è avvenuto davvero. Lo ha certificato uno dei giganti mondiali della cybersecurity, Imperva, che nel suo ultimo report ha fotografato il Web del 2024 come una strada affollata in cui, per la prima volta, la maggioranza assoluta dei veicoli è guidata da bot. Questi “robot digitali”, invisibili e operativi 24 ore su 24, rappresentano oggi il 51% di tutto il traffico globale su Internet. Una svolta storica, passata in sordina ma dirompente come poche altre.
Per chi, come me, da oltre trent’anni osserva e prevede i cambiamenti del digitale, il dato non è solo un numero: è un punto di non ritorno. Perché la nostra abitudine a vivere online – chattare, comprare, commentare, discutere – si basa su una fiducia quasi infantile: quella di parlare con altre persone. Oggi, questa certezza è diventata un’illusione, e l’illusione si è trasformata in nuova normalità.
Il sorpasso dei bot: cosa significa davvero?
Per anni abbiamo pensato ai bot come a fastidi di seconda categoria: spam nei commenti, messaggi promozionali automatici, magari qualche risposta scontata ai post più banali. Oggi tutto è cambiato. Il sorpasso dei bot sugli utenti umani segna una frattura definitiva tra l’era pionieristica dei social e il nuovo regno degli automi digitali.
E se un tempo solo i super esperti riuscivano a programmare queste entità, oggi basta un’app, qualche click, e il gioco è fatto. Il risultato? Milioni di “profili fantasma” si sono moltiplicati a una velocità impressionante, alimentando interazioni, polemiche, fake news, richieste d’amicizia, messaggi privati e perfino flirt digitali. Non è fantascienza, è la nuova routine dei social.
Ma c’è un altro lato oscuro: la qualità delle interazioni è crollata. La maggior
parte dei bot, infatti, non è stata progettata per aiutare, ma per ingannare, manipolare, raccogliere dati personali o veicolare messaggi su commissione. Pochi, pochissimi, sono “bot buoni”, quelli che ci aiutano davvero a trovare informazioni o a filtrare lo spam. Secondo Imperva, su 100 bot che girano ogni giorno online, solo 14 fanno il bene della rete. Gli altri 37 sono invece “bot cattivi”, programmati per rubare dati, prendere il controllo degli account, diffondere disinformazione e influenzare l’opinione pubblica.Bot buoni e bot cattivi: chi comanda la rete?
La distinzione tra bot buoni e cattivi sembra ormai una battaglia persa. Gli ultimi report raccontano una crescita esponenziale dei bot malevoli: se nel 2022 erano 17 su 100, nel 2024 sono già più che raddoppiati, passando a 37. Una mutazione velocissima, alimentata da piattaforme sempre più potenti e algoritmi che apprendono con una velocità disumana. E se questa tendenza continuerà, è probabile che entro il 2030 il traffico generato dai bot cattivi rappresenterà la stragrande maggioranza di tutto il web.
Cosa significa per noi? Significa che sempre più spesso ci troveremo a dialogare con intelligenze artificiali progettate per manipolarci, per farci cliccare su link pericolosi, per spingerci verso scelte politiche o d’acquisto che non avremmo mai fatto spontaneamente. Significa che la battaglia tra verità e finzione, tra trasparenza e manipolazione, si sposta definitivamente online, in un territorio dove il confine tra umano e artificiale è sempre più sottile.
E io lo vedo ogni giorno. Nei messaggi privati che ricevo, nei commenti ai miei articoli, perfino nelle discussioni più animate sui gruppi Telegram. C’è sempre una voce che suona troppo perfetta, troppo “intonata” con lo spirito del tempo per essere vera. E più la tecnologia avanza, più diventa difficile – quasi impossibile – distinguere una persona vera da un software che sa già tutto di noi, che ha imparato a replicare i nostri sogni, le nostre paure e persino i nostri errori di battitura.
Quando i bot decidono la politica e la realtà
Il problema si complica ancora di più quando entra in gioco la politica. In un mondo dove ogni parola può spostare milioni di voti, i bot rappresentano una minaccia reale alla
Yuval Noah Harari, storico e filosofo che da anni lancia allarmi sull’Intelligenza Artificiale, lo aveva previsto: «La IA può creare storie, linguaggi, perfino nuove religioni, e generare bolle di realtà su misura per ogni individuo, rendendo impossibile distinguere il vero dal falso». Ed è esattamente ciò che stiamo vivendo. Bolle informative, community chiuse, feed personalizzati dove ogni utente vive in un universo parallelo, alimentato da una “realtà su misura” cucita dai bot.
Anche Sam Altman, l’uomo dietro OpenAI e ChatGPT, è stato chiaro: la IA porta opportunità straordinarie ma rischia di causare danni profondi alla società. In un’audizione al Senato americano, ha chiesto regole severe per impedire che l’IA venga usata da regimi autoritari o da poteri occulti per condizionare il discorso pubblico. E non è solo una questione americana: la battaglia per il controllo della IA è globale, e ci riguarda tutti.
Dal 2024 al 2030: che cosa ci aspetta?
Viviamo in una fase di accelerazione impressionante: solo sei anni fa, i bot cattivi erano una nicchia. Oggi sono la nuova regola del gioco. E se questa curva non si invertirà, entro il 2030 rischiamo di ritrovarci in una Rete dove sette
messaggi su dieci saranno scritti da una IA malevola, progettata per confonderci, derubarci, farci litigare, oppure – nel migliore dei casi – per trasformarci in semplici spettatori di una realtà creata a tavolino. Proviamo a fermarci un attimo. Chiudi gli occhi. Immagina di vivere in una società dove la maggioranza delle tue interazioni – anche quelle che sembrano più intime e personali – sono con software programmati per studiare le tue emozioni, prevedere le tue scelte, condizionare i tuoi desideri. Sembra fantascienza? È già la nostra realtà, solo che nessuno ce lo ha ancora raccontato fino in fondo.Non sto esagerando: è un viaggio che ho già previsto decenni fa, quando le AI erano poco più che un sogno da nerd. E ora ci siamo dentro. Ma, attenzione, la questione non è solo tecnica: riguarda la nostra identità di esseri umani, il senso di comunità, la fiducia che riponiamo nei rapporti digitali. Il rischio non è solo quello di subire una frode online o una fake news particolarmente ben scritta. Il rischio è molto più profondo:
E qui si apre la vera domanda per il futuro: chi guiderà questa nuova era digitale? Sarà l’algoritmo più potente a decidere per tutti? Oppure saremo noi, come comunità, a riprendere in mano la direzione del cambiamento? Come sempre, il futuro non è scritto: ma ogni giorno che lasciamo agli algoritmi la gestione delle nostre relazioni, un pezzo di umanità ci sfugge di mano.
Il potere della IA: chi controllerà il mondo digitale?
Negli ultimi mesi ho osservato una battaglia sotterranea tra potenze globali, giganti del tech e hacker senza volto. Ogni governo vuole il proprio sistema di IA: una versione “amica” e trasparente per i cittadini, una versione “ombra” per il controllo, la sorveglianza, la manipolazione. Lo aveva previsto anche Harari: «Chi riuscirà a centralizzare la propria IA avrà un potere senza precedenti non solo sulla popolazione locale, ma anche sugli altri Stati». Non sono semplici allarmi, ma analisi lucide di chi ha visto arrivare la rivoluzione prima degli altri.
E qui entra in gioco la community di FuturVibe. Non mi stanco mai di ripeterlo: la soluzione non è disconnettersi dal futuro, ma costruirlo insieme. Solo una comunità consapevole può contrastare il dominio dei bot e delle IA malevoli. Bisogna conoscere il nemico, capire come funziona, imparare a difendersi. Significa anche pretendere trasparenza dalle piattaforme, chiedere regole chiare ai governi, sviluppare competenze digitali, e – soprattutto – non smettere mai di fare domande. Anche quando tutto sembra troppo complesso, la curiosità resta la migliore difesa contro la manipolazione.
Un piccolo esempio che mi capita spesso: a volte, ricevo messaggi talmente ben scritti da sembrare reali. Ma dietro c’è solo un algoritmo, che ha studiato il mio profilo, analizzato i miei gusti, scelto le parole più giuste per “agganciarmi”. E allora, in quei momenti, mi ricordo quanto sia importante restare vigili. Ogni volta che interagisci online, chiediti: sto parlando davvero con una persona? Oppure con un software programmato per guidarmi verso una risposta predeterminata?
Come difendersi: soluzioni e scenari per la società umana
Nessuno è davvero al sicuro, ma tutti possiamo imparare a muoverci in questa nuova realtà. Prima di tutto, occorre allenare lo sguardo critico: non basta più “fiutare” la notizia falsa, serve capire se l’interlocutore stesso è reale. Le piattaforme social dovrebbero essere obbligate a rendere riconoscibili i bot, a eliminare quelli più pericolosi, a investire in sistemi di controllo e segnalazione rapidi.
Ma non dobbiamo aspettare che siano sempre gli altri a salvare la
situazione. La cultura digitale, la condivisione di esperienze e l’attenzione collettiva sono le vere armi del futuro. OgniIn FuturVibe, questa è la missione di fondo: unire chi non vuole arrendersi, chi è pronto a mettersi in gioco per costruire un ambiente digitale più sano, trasparente e umano. Qui la parola chiave non è “tecnologia”, ma “comunità”. Ed è per questo che ti invito, se ti riconosci in questa battaglia, a fare la tua parte. Anche solo condividendo queste idee, raccontando le tue esperienze, proponendo soluzioni, partecipando alle discussioni. Ognuno può diventare un acceleratore di cambiamento.
La grande sfida del decennio: imparare a riconoscere la realtà
Il futuro non sarà mai totalmente al riparo dai rischi. Ma se impariamo a vivere con consapevolezza la nostra doppia identità (digitale e reale), se accettiamo che convivere con i bot sia ormai la normalità, possiamo anche allenarci a riconoscerli, smascherarli e, se necessario, metterli all’angolo. La vera differenza la farà la velocità con cui sapremo adattarci. E la capacità di fare squadra, di non isolarci nella “bolla” personale ma di restare connessi – umanamente – agli altri.
E allora, la domanda diventa: che ruolo vuoi giocare in questo cambiamento? Preferisci restare spettatore, farti trasportare dalla corrente degli algoritmi, o vuoi prendere in mano il timone e contribuire a costruire la rotta? Non esistono ricette magiche, ma ogni passo conta. Dal 2024 al 2030, si deciderà se il mondo digitale resterà terreno di conquista dei bot o se diventerà il laboratorio di una nuova comunità più consapevole e responsabile.
Sai una cosa? C’è un piccolo paradosso che mi piace condividere. Più i bot imparano a “fingersi umani”, più noi umani rischiamo di dimenticare cosa ci rende unici: l’imperfezione, la creatività, la capacità di sbagliare e di cambiare idea. Sono proprio i nostri difetti, la nostra umanità, a renderci immuni (almeno un po’) dai meccanismi prevedibili degli algoritmi. È da qui che ripartiremo.
Le cinque branche che accelerano la trasformazione (e il lato umano che può salvarci)
In questo scenario che sembra uscito da un romanzo distopico, c’è una certezza: la convergenza delle cinque grandi branche del progresso – intelligenza artificiale, robotica, quantistica, bioingegneria e accelerazione del progresso – sta rendendo ogni previsione ancora più imprevedibile. L’interazione tra questi settori produce effetti a catena: la IA crea nuovi algoritmi, la robotica li trasforma in azione concreta, la quantistica aumenta la velocità e la sicurezza delle comunicazioni, la bioingegneria personalizza salute e longevità. Tutto, però, dipende dalla direzione che sceglieremo come comunità.
Sì, perché ogni passo avanti, ogni conquista tecnica, comporta una responsabilità. Sta a noi, esseri umani, scegliere come usare queste innovazioni. Possiamo decidere di delegare tutto agli algoritmi, lasciandoci cullare dalla “comodità” delle decisioni automatizzate. Oppure possiamo riprendere il controllo, investire nella cultura, nella formazione, nella costruzione di reti di fiducia. Se c’è una cosa che la storia insegna, è che i grandi cambiamenti non partono mai dall’alto. Sono le comunità a farli accadere, un’idea alla volta, una scelta
E non è un caso che FuturVibe abbia come obiettivo quello di creare una rete di persone – reali – che abbiano voglia di discutere, di approfondire, di anticipare i cambiamenti, senza subire passivamente il fascino (e il pericolo) della tecnologia.
Domande per la community FuturVibe (e per te che leggi)
- Ti è mai capitato di scoprire, solo dopo giorni, che un interlocutore online era in realtà un bot?
- Quali segnali ti fanno sospettare che una risposta, un commento, un messaggio non siano “veri”?
- Cosa pensi sia più pericoloso: un botmalevolo che si nasconde tra noi, o la nostra abitudine a fidarci a occhi chiusi?
Raccontami le tue esperienze nei commenti, proponi le tue soluzioni, diventa protagonista della community. Insieme, possiamo imparare a riconoscere i rischi, ma anche a valorizzare tutte le opportunità che il digitale ci offre.
Previsioni (e qualche riflessione personale)
Chi mi segue lo sa: da più di trent’anni non smetto mai di guardare avanti. Le previsioni che ho fatto si sono quasi sempre avverate, e non per magia, ma per analisi dei trend, delle tecnologie, del comportamento umano. Oggi, guardando al futuro dei social e del Web, dico questo: i bot saranno sempre più intelligenti, ma anche noi umani abbiamo un’arma formidabile: la capacità di evolvere insieme. La differenza la farà chi saprà unirsi, condividere, vigilare e, se serve, cambiare le regole del gioco.
Siamo solo all’inizio di una nuova era. Non sarà facile, ma ogni rivoluzione richiede impegno. E anche un pizzico di coraggio. Se vuoi essere parte attiva di questo cambiamento, il momento di agire è ora.
Ognuno può fare la sua parte: unisciti a FuturVibe, partecipa alle discussioni, condividi le tue idee, invita chi conosci a riflettere su questi temi. Ogni nuovo membro è una scintilla in più nella rivoluzione della consapevolezza digitale.
Iscriviti all’associazione FuturVibe: il futuro ha bisogno di te!
FuturVibe ha scritto questo articolo verificando tutte le seguenti fonti: Imperva, società di cybersecurity specializzata in analisi del traffico web e difesa informatica; Yuval Noah Harari, storico e filosofo, autore di saggi su IA e società; OpenAI e Sam Altman, leader mondiali nello sviluppo di IA generativa e nelle strategie di sicurezza; dati di settore pubblicati da portali come Wired e MIT Technology Review; report e analisi di crescita e diffusione dei bot online prodotti da think tank tecnologici e istituti di ricerca globali.