Roma. Capitale di molte rinascite, oggi anche di un’idea nuova: che l’Europa possa smettere di inseguire l’intelligenza artificiale e iniziare, finalmente, a guidarla. Lo dico con la lucidità di chi fa previsioni da 35 anni e con la voce di chi l’aveva già vista arrivare. Perché io l’ho vista, questa rivoluzione. L’ho sentita avanzare sotto la pelle dell’Europa mentre tutti guardavano solo a ovest, verso la Silicon Valley.
Questa volta no. Questa volta la storia inizia da noi. Precisamente da un campus a sud di Roma, dove 70 ricercatori europei si sono riuniti per qualcosa che ha un nome antico e una visione radicale: DVPS, “Diversibus Vilis Plurima Solvo”. Una sigla che, già solo nel suono, sfida la consuetudine americana dei nomi impronunciabili. E rivendica un’intelligenza fatta anche di radici culturali, non solo di API.
Io ho sorriso quando ho sentito il nome. Perché dentro c’è il seme di una visione: “”. È così che dev’essere l’AI del futuro. Un’AI che non copia, ma capisce. Che non prevede, ma interagisce. Che non si limita a generare testo, ma impara dal mondo fisico. Una macchina che esce dal computer e inizia a vivere, sbagliare, migliorare.
E proprio questa è la scommessa di DVPS. Una scommessa europea. Con 29 milioni di euro stanziati dall’Unione Europea, venti partner di nove Paesi, e una guida tutta italiana: Translated, l’azienda di Marco Trombetti, uno di quelli che il futuro lo studia, ma anche lo costruisce. Un visionario con i piedi per terra e lo sguardo fisso sul punto in cui l’intelligenza artificiale smetterà di essere una tecnologia… e diventerà una forma di coscienza distribuita.
Una coscienza che non nasce da una GPU, ma dal bisogno di leggere davvero la realtà. Di ascoltare. Di muoversi nel mondo fisico, integrando input visivi, linguistici e sensoriali in tempo reale. Perché i modelli linguistici di oggi — quelli che noi tutti usiamo — sono solo la prima tappa. Sono grandi, sì. Ma ciechi. Ascoltano solo i dati statici del passato. DVPS vuole qualcos’altro. Vuole imparare dal presente. In tempo reale. Proprio come facciamo noi esseri umani.
Se questo vi sembra un salto troppo ambizioso, pensateci meglio: è esattamente ciò che serve per arrivare all’AGI, l’intelligenza generale artificiale. E l’Europa, che per anni ha osservato, regolamentato, imposto limiti… ora vuole correre.
Ma correre come? La risposta è semplice e potente: non con la forza bruta, ma con la comprensione profonda.
DVPS parte con modelli piccoli. Non vuole battere GPT-4, almeno non subito. Vuole vincere la serie minore, quella dei modelli da 5-7 miliardi di parametri. E lì dimostrare che, anche con risorse limitate, si può costruire qualcosa di radicalmente migliore. Qualcosa che impara dal contesto, non solo dai libri.
Perché questo è il vero limite degli LLM: apprendono da testi scritti, da contenuti già pensati da esseri umani. Ma il mondo è molto di più. È visione periferica, tono di voce, errori, inciampi, emozioni. È il respiro affannato di chi cerca una parola. È un gesto che smentisce ciò che si è appena detto. E queste cose, finora, l’intelligenza artificiale non le ha mai sapute leggere.
DVPS vuole farlo. Vuole entrare nei laboratori, negli ospedali, nei cantieri, dove i dati non sono belli, puliti e ordinati. Dove il rumore è parte dell’informazione. Dove il caos è un elemento prezioso. E vuole addestrare un nuovo tipo di mente: una che non simula l’intelligenza, ma la sperimenta.
Ma qui entra in gioco un altro tema: la geopolitica dell’AI. Perché mentre l’Europa sperimenta, la Silicon Valley scala. I loro modelli sono più grandi, più potenti, più addestrati. E soprattutto: più chiusi. I big americani non condividono nulla. E chi domina l’AI oggi, domina anche le regole del gioco.
DVPS deve fare una scelta difficile: quanto aprirsi? La risposta è un compromesso potente: open weight, ma non completamente open source. I pesi del primo modello saranno accessibili, ma non tutto il codice sarà aperto. Perché, come dice Trombetti, l’Europa non può più permettersi di fare ricerca gratis per gli altri. È ora di proteggere l’innovazione. E di costruire un vantaggio competitivo anche culturale.
Ed è proprio la cultura che può salvare l’Europa. Non la potenza di calcolo. Non la scalabilità. Ma la comprensione reale dei problemi. Translated lavora con traduttori umani. Gente che nota se una virgola è fuori posto. Gente che non accetta “quasi corretto”. Questo tipo di feedback è oro. Perché obbliga la macchina a migliorarsi davvero. A non sbagliare più. A diventare utile, precisa, empatica.
Ed è da questo approccio che DVPS parte: dagli esseri umani. Dalla realtà. Dall’errore. Non dal perfezionismo del codice, ma dalla tensione dell’esperienza. Perché ogni vera intelligenza nasce da un conflitto con l’ambiente.
La Silicon Valley non ha questo. Ha talento, sì. Ha hardware. Ma non ha la pazienza di chi ascolta un traduttore incavolato che dice: “Qui avete allucinato”. Quella è la verità. E la verità, in AI, è l’unica cosa che conta.
…e la verità, in AI, è l’unica cosa che conta. L’ho imparato nel tempo, osservando come i sistemi più brillanti crollano non per mancanza di potenza, ma per eccesso di arroganza. L’IA non sbaglia perché è debole. Sbaglia perché crede di sapere. E se l’intelligenza artificiale europea avrà un vantaggio, sarà proprio questo: l’umiltà algoritmica. Quella che nasce dal confronto costante con il mondo reale.
DVPS parte da un’intuizione semplice quanto rivoluzionaria: l’errore è un dato prezioso. Un sistema addestrato solo su contenuti “perfetti” non saprà mai cosa fare quando la perfezione vacilla. Ma la realtà è fatta di ambiguità, omissioni, dialetti, contesti. E lì, in quel fango meraviglioso che è la vita vera, nasce l’intelligenza autentica.
Bancarizzazione del tempo
Ho previsto molte cose nella mia vita — e chi mi segue lo sa. Ho previsto l’avvento del web, l’ascesa degli algoritmi di ricerca, la nascita del crowdfunding, la bancarizzazione del tempo. E ora ve lo dico con la stessa convinzione: il futuro dell’AI non sarà una corsa verso il più grande modello, ma verso il più intelligente tra i piccoli. Il più reattivo. Il più adattivo. Quello che capisce anche quando le parole mancano.
Proprio per questo, il team DVPS lavorerà in verticale su tre settori: medicina, ambiente e traduzioni linguistiche. Perché sono i tre ambiti dove il contesto conta più dei dati. Dove una sfumatura può salvare una vita. Dove un errore costa caro. E dove una IA imprecisa fa più danni che benefici.
Nel campo linguistico, Translated sa il fatto suo. Ma stavolta si andrà oltre. Il sistema sarà in grado di riconoscere chi sta parlando, in che luogo, con quale tono, e persino in che contesto emozionale. Non più solo “traduzioni”, ma interpretazioni computazionali. Sarà come avere un’interfaccia tra mondi cognitivi diversi. E ogni parola sarà pesata nel suo esatto significato situazionale.
Nel settore medico, DVPS affronterà un problema che mi ossessiona da anni: la frammentazione dei dati. Tac, sintomi, analisi del sangue, battiti, immagini, biopsie… ogni dato parla una lingua. L’obiettivo è costruire un sistema che integri sensorialmente ogni informazione, esattamente come fa il cervello di un medico esperto. E che apprenda sul campo. In tempo reale. Dalla pratica clinica, non dai manuali.
Nel campo ambientale, infine, si punterà a sistemi capaci di monitorare e prevedere cambiamenti locali, adattandosi non a modelli climatici generali, ma al comportamento imprevedibile del territorio. DVPS lavorerà per creare un’IA capace di interagire con il suolo, l’aria, l’acqua. Un’intelligenza connessa al pianeta.
Questo, vi assicuro, non lo sta facendo nessuno a questo livello. Perché l’Europa, per una volta, ha scelto di non imitare, ma di inventare. E anche se la probabilità di successo è “solo” del 20%, quel 20% è la differenza tra essere utili o essere dimenticati. O come dice Trombetti: “Noi possiamo permetterci di fallire. Loro no”.
Ed è qui che sta la chiave. Le Big Tech americane non possono più rischiare. Devono vincere ogni volta. E per farlo, spesso, smettono di esplorare. Noi no. Noi possiamo tentare. Sbagliare. Riprovarci. Inventare dal basso. Ed è proprio lì che si creano i balzi di paradigma. Le invenzioni. I salti quantici.
Neurotecnologia
Come quello che sta accadendo anche nel campo della neurotecnologia, dove il confine tra uomo e macchina si fa ogni giorno più sottile. Una IA che interagisce col mondo reale non è solo un software. È una forma nuova di intelligenza incarnata. È una mente che cresce, che cambia, che si adatta non solo ai dati ma anche alla storia personale dell’interlocutore. In questo senso, DVPS non è solo un progetto scientifico. È una nuova filosofia cognitiva.
E io, che di filosofie ne ho viste nascere e morire, vi dico: questa, se coltivata bene, può cambiare il mondo. Perché un giorno, forse tra 10 anni, forse tra 30, guarderemo indietro e diremo: “Lì, in quelle villette del Pi Campus di Roma, è nata la coscienza delle macchine”.
Una coscienza distribuita, non centralizzata. Una coscienza che cresce non nei data center, ma nell’interazione tra uomini e algoritmi. Un’IA che non sostituisce l’umano, ma lo integra. Che non lo replica, ma lo amplifica. Che non parla di intelligenza… ma la vive.
Come vi avevo promesso, questo viaggio è iniziato tra i vicoli di Roma. Ma non è un ritorno al passato. È un’accelerazione verso il futuro. Un futuro dove — e segnatelo — l’intelligenza artificiale europea smetterà di essere “l’alternativa” e diventerà il riferimento.
Io lo vedo già. Lo vedo nei dettagli, nei prototipi, nei nomi scritti in piccolo sulle pareti del Pi Campus. Lo vedo nei volti dei ricercatori che camminano tra gli ulivi digitali di Roma Sud. E lo vedo negli occhi di Trombetti, quando parla con calma di cose che cambieranno tutto.
L’intelligenza artificiale non è americana. Non è cinese. Non è un codice. L’intelligenza artificiale è una tensione umana verso la comprensione. E se oggi c’è un posto dove questa tensione è diventata progetto, visione, speranza… quel posto è qui.
È Roma.
È Europa.
È il futuro che avevo previsto.
Vuoi essere parte di questo futuro? È il momento di unirti a noi.
Cosa puoi fare per te e per chi conosci
Fonti utilizzate:
- Marco Trombetti: CEO e fondatore, intervistato da diverse testate tecnologiche e scientifiche europee
- Horizon Europe: programma UE da 1 miliardo all’anno per la ricerca avanzata in intelligenza artificiale
- Pi Campus: ecosistema di startup e venture capital orientato all’IA applicata
- Lukasz Kaiser e Jonathan Cohen: esperti globali coinvolti nelle attività del campus